Il grande biblista Giuseppe Ricciotti faceva notare, a metà del secolo scorso, che «Gesù è il paradosso più grandioso che conosca la storia» per il fatto che nessun vivente è vivo quanto lui: «Tutti hanno bisogno di lui, o per amarlo o per bestemmiarlo: ma farne a meno, non possono. Molti uomini furono amati intensissimamente nei tempi andati. Socrate dai suoi discepoli, Giulio Cesare dai suoi legionari, Napoleone dai suoi soldati: ma oggi questi uomini sono inesorabilmente trapassati, nessun cuore palpita più per le loro persone, nessun uomo darebbe la sua vita o anche solo le sue ricchezze per essi». E' interessante notare che uno degli uomini chiamati in causa da Ricciotti, Napoleone Bonaparte, negli ultimi anni di vita la pensava esattamente allo stesso modo. In un libretto tutto da meditare che raccoglie le memorie di Sant'Elena (pubblicate vent'anni dopo la sua morte) si può leggere che la fondazione del proprio culto sulla sequela amorosa degli uomini (cfr. Gv 12,32) è, a suo giudizio, il segno più eloquente della divinità di Gesù: «Alessandro, Cesare, Annibale, Luigi XIV, con tutto il loro genio, non ci riuscirono, poiché essi conquistarono sì il mondo, ma non riuscirono ad avere neanche un amico. Io forse sono il solo, oggi, ad amare Annibale, Cesare, Alessandro...». Non si conosce «un altro caso di qualcuno che, da morto, continua con le proprie conquiste in forza di un esercito fedele e pronto a tutto, nel nome della sua memoria […] Il mio esercito ha già dimenticato me, mentre sono ancora in vita, come fece l'esercito cartaginese con Annibale. […] Se io, che pure li avevo condotti alla vittoria, non ho potuto, essendo ancora in vita, riscaldare i loro cuori egoisti, con che cosa, dopo morto, potrò risvegliare il loro zelo? Lei sa immaginare Cesare, imperatore eterno del Senato romano, che dal fondo del proprio mausoleo continui a dirigere l'impero e a vegliare sui destini di Roma?». C'è poco da fare: «Io, Napoleone, dopo una lunga meditazione, è questo amore mistico che ammiro di più, ed è questo amore che mi dimostra la divinità di Cristo!».Visti gli innegabili errori ed orrori a lui imputabili (di alcuni dei quali egli stesso si accusò esplicitamente a Sant'Elena) non è certo mia intenzione far qui un’apologia di Napoleone: ma il Napoleone apologeta degli ultimi anni, a mio parere, resta interessantissimo.
Fonti:
BONAPARTE N., Conversazioni sul cristianesimo. Ragionare nella fede, ESD, Bologna 2013 (traduzione dell'opera del 1843), pp. 32-33 e 42-44.
RICCIOTTI G., Vita di Gesù Cristo, Mondadori, Milano 2013 (ristampa della XV edizione del 1962; I edizione del 1941), p. 725.
Immagine:
William Quiller Orchardson, Napoleone a bordo del Bellerophon (particolare), 1880, Londra, Tate Britain.