
Fëdor Dostoevskij è stato uno dei pensatori cristiani che non ha temuto di toccare con profonda onestà il problema della sofferenza innocente in rapporto all'esistenza e alla bontà di Dio. Sofferenza, specie dei bambini, che oggi ci è ancor più manifesta nelle tremende immagini provenienti dall'Ucraina. Nello straordinario romanzo I fratelli Karamazov il grande scrittore russo mette in bocca ad Ivan parole insuperabili: «immagina ora che questo mondo creato da Dio, nel suo risultato
finale, io non lo accetti, e benché sappia che Egli esiste, non possa in alcun
modo approvarlo. Non è che non accetti Dio,
intendi bene questo punto: è il mondo da lui creato, questo mondo di Dio che io
non accetto e non posso piegarmi ad accettare. Mi spiego meglio: io sono convinto come un
bambino che i dolori si rimargineranno e dilegueranno, che tutta l'avvilente
commedia delle contraddizioni umane svanirà come un pietoso miraggio, come il
detestabile prodotto d'un pensiero impotente e piccino […]; che da ultimo, nel
finale universale, nel momento della eterna armonia, avverrà e si svelerà
qualcosa di tanto prezioso, che sarà sufficiente a bilanciare tutti i corrucci,
a placare tutti gli sdegni, a riscattare tutti i delitti degli uomini, tutto il
sangue sparso da loro, e sarà sufficiente non solo a perdonare, ma perfino a giustificare tutto ciò che è accaduto nella storia degli uomini; sì, sì, tutto questo avvenga pure e si sveli: ma io non lo accetto, e non voglio accettarlo!». Ivan quanto hai ragione! Chi può accettarlo? Chi può comprenderlo? Lo stesso grido di Gesù abbandonato sulla croce (cfr. Mc 15,34; Mt 27,46) - sintesi di tutte le grida dell'umanità - non ha squarciato il silenzio del cielo. Se l'ateo può qui trovare un argomento a sostegno della non esistenza di Dio, il credente vi può cogliere una conferma della sua necessità (per approfondire cfr. Benedetto XVI-J. Ratzinger, Spe Salvi, n. 43, Il Venerdì Santo della storia): come scrive Carlo Carretto, davanti alla realtà «non c'è altra scelta: o maledirla perché figlia degenerata di un padre pazzo» se non inesistente (aggiungo io), «o accettarla come mistero». Un mistero troppo grande, sulla soglia del quale anche la riflessione del credente, quaggiù, non può che arrestarsi. Così fa Giobbe, il cui profondamente vero e struggente grido di rimostranza (cfr. 13,3; 24,12) sfocia infine nel silenzio (cfr. 40,4; per approfondire rimando qui). E intanto? Intanto - scrive ancora Carretto - «non cercate di capire, non ci riuscirete. Non cercate di vedere, non vedrete. Cercate di amare. È nell'amore e solo nell'amore che può essere avvicinato Gesù Abbandonato e con Lui tutti gli abbandonati della terra».Fonti:CARRETTO C., Padre mio mi abbandono a te, Città Nuova, Roma 2017 (ristampa della I edizione del 1975), pp. 43 e 139.
DOSTOEVSKIJ F., I fratelli Karamazov, Einaudi, Torino 2016 (traduzione dell'opera del 1879-1880), pp. 314-315 (in tema sono imperdibili gli interi capitoli I fratelli fanno conoscenza e Ribellione alle pp. 306-329).
RATZINGER J. (BENEDETTO XVI), Il Venerdì Santo della storia, 2015 (traduzione del saggio di apertura di Gesù di Nazaret. Scritti di cristologia, II tomo del vol. VI dell'Opera omnia), http://www.fondazioneratzinger.va/content/fondazioneratzinger/en/news/notizie/rimandi-news/il-venerdi-santo-della-storia.html.