Gemma #35: le obiezioni del relativista


Circa le obiezioni del relativista/idealista al realista (accennate al termine di questo breve discorso) in estrema sintesi si può dire:
- obiezione 1 (diversità delle opinioni degli uomini e contraddizioni dei filosofi): siccome la realtà non appare all'uomo in tutta la sua pienezza talvolta è possibile l'errore, che deriva dalla falsità, ovvero privazione di conoscenza a causa di ragionamento non corretto, testimonianza falsa o passioni e abitudini che influenzano la volontà; inoltre, anche al netto di errori, bisogna riconoscere che la conoscenza è limitata dalla contingenza umana, come spiega il filosofo e storico Étienne Gilson«dire che la conoscenza consiste nel cogliere una cosa così com'è, non vuol dire in alcun modo che l'intelletto possa sempre cogliere ogni cosa così com'è: vuol dire che c'è conoscenza solo quando l'intelletto coglie una cosa così com'è. Nemmeno si vuol dire che la conoscenza esaurisca in un solo atto il contenuto del suo oggetto. Quello che la conoscenza afferra del suo oggetto è reale, ma la realtà è inesauribile, e quand'anche l'intelletto ne avesse saputo cogliere tutti i particolari, si scontrerebbe ancora con il mistero dell'esistenza stessa dell'oggetto»;
- obiezione 2 (errore dei sensi): l'errore dei sensi è conferma indiretta dell'esistenza della verità e della sua distinzione rispetto alla falsità proprio perché il soggetto in errore, per malattia o altre cause, non si adegua alla realtà;
- obiezione 3 (circolo vizioso di chi cerca di dimostrare i principi primi): solo fondandosi su un primo principio evidente e indimostrabile (come ad esempio quello di non contraddizione) è possibile avviare una qualsiasi dimostrazione;
- obiezione 4 (relatività della conoscenza umana): sostenendo che “bisogna dubitare di tutto” o che “tutto è relativo” il relativista si contraddice perché sta affermando almeno un assunto che ritiene non relativo o dubbio ma univoco e indubitabile, per l'appunto che “bisogna dubitare di tutto” o che “tutto è relativo”; inoltre se tutto dipende dalla percezione del soggetto in ultima analisi non dovrebbe esistere nulla se nessuno lo pensasse (scriveva il vescovo anglicano George Berkeley, criticando la concezione ateistica di una "materia eterna": «È infatti stranamente diffusa l'opinione che le case, le montagne, i fiumi, insomma tutti gli oggetti sensibili abbiano un'esistenza, reale o naturale, distinta dal fatto di venir percepiti dall'intelletto»).
Che dire in conclusione? Che Gilson è sempre chiarissimo: «Un primo passo sulla via del realismo è rendersi conto che si è sempre stati realisti. Il secondo passo è rendersi conto che, qualunque sforzo si faccia, non si riuscirà mai a pensare in modo diverso. Il terzo passo è prendere atto che tutti quelli che pretendono di pensare in modo diverso si rimettono a pensare da realisti non appena si dimenticano di star recitando una parte».

Fonti:
CLAVELL L., PÉREZ DE LABORDA M., Metafisica, Edusc, Roma 2006, pp. 55-59 e 223-226.
LLANO A., Filosofia della conoscenza, Edusc, Roma 2011 (II edizione riveduta e ampliata da ASCHERI V.), pp. 68-69, 74-80, 86-105, 209 e 232-242.
REALE G., ANTISERI D., Il pensiero occidentale dalle origini ad oggi. 2, La Scuola, Brescia 2007 (XXIV edizione; I edizione del 1983), pp. 408-409.
SANGUINETI J. J., Introduzione alla Gnoseologia, Le Monnier, Firenze 2003, pp. 36-43.

Immagine:
Fotografia di Étienne Gilson (1884-1978).