Insegna la Chiesa cattolica nel suo Catechismo che «l'uomo che cerca Dio scopre alcune “vie” per arrivare alla conoscenza di Dio. Vengono anche chiamate “prove dell'esistenza di Dio”, non nel senso delle prove ricercate nel campo delle scienze naturali, ma nel senso di “argomenti convergenti e convincenti” che permettono di raggiungere vere certezze».
Qui vorrei presentare (giocoforza semplificando molto) la cosiddetta "prova ontologica": fu elaborata per primo dal grande filosofo e teologo Anselmo d'Aosta (e poi ripresa, tra gli altri, da Leibniz ed Hegel) a partire dal concetto di Dio come id quo maius cogitari nequit, l'essere più perfetto che si possa pensare (nella convinzione che una certa idea di "Dio" esiste nel pensiero di tutti gli uomini: anche l'ateo deve dare un significato a questo termine perché la sua negazione abbia un senso). La prova si basa sul seguente sillogismo: l'esistenza è una perfezione (cioè un bene), Dio ha tutte le perfezioni, Dio quindi esiste. L'obiezione del monaco Gaunilone, di Tommaso d'Aquino, Kant e altri ancora è sempre questa: dall'esistenza mentale non si può dedurre l'esistenza reale perché l'essere non deriva dal pensiero (semmai è il contrario) e dunque si entra in contrasto con il principio di non contraddizione (che è la prima verità che l'intelletto coglie esplorando la realtà). Insomma, se posso pensare un'isola felice o un drago come Smaug non significa automaticamente che esistono. Anselmo replicò all'obiezione sostenendo che la prova ontologica è applicabile solo al caso specifico dell'esistenza di Dio trattandosi di un concetto limite e unico. Tuttavia rimane una prova ben poco convincente, come ad esempio scrive Cornelio Fabro: «Chiediamoci anzitutto: può mai l'ateo […] accettare il punto di partenza di Anselmo ossia la nozione di Dio come id quo nihil maius cogitari nequit? Se egli è veramente ateo, no di certo: per lui Dio è un nome vuoto e l'idea che l'accompagna è un prodotto spurio di fantasia, di superstizione, di oppressione sociale, etc.».
Qui vorrei presentare (giocoforza semplificando molto) la cosiddetta "prova ontologica": fu elaborata per primo dal grande filosofo e teologo Anselmo d'Aosta (e poi ripresa, tra gli altri, da Leibniz ed Hegel) a partire dal concetto di Dio come id quo maius cogitari nequit, l'essere più perfetto che si possa pensare (nella convinzione che una certa idea di "Dio" esiste nel pensiero di tutti gli uomini: anche l'ateo deve dare un significato a questo termine perché la sua negazione abbia un senso). La prova si basa sul seguente sillogismo: l'esistenza è una perfezione (cioè un bene), Dio ha tutte le perfezioni, Dio quindi esiste. L'obiezione del monaco Gaunilone, di Tommaso d'Aquino, Kant e altri ancora è sempre questa: dall'esistenza mentale non si può dedurre l'esistenza reale perché l'essere non deriva dal pensiero (semmai è il contrario) e dunque si entra in contrasto con il principio di non contraddizione (che è la prima verità che l'intelletto coglie esplorando la realtà). Insomma, se posso pensare un'isola felice o un drago come Smaug non significa automaticamente che esistono. Anselmo replicò all'obiezione sostenendo che la prova ontologica è applicabile solo al caso specifico dell'esistenza di Dio trattandosi di un concetto limite e unico. Tuttavia rimane una prova ben poco convincente, come ad esempio scrive Cornelio Fabro: «Chiediamoci anzitutto: può mai l'ateo […] accettare il punto di partenza di Anselmo ossia la nozione di Dio come id quo nihil maius cogitari nequit? Se egli è veramente ateo, no di certo: per lui Dio è un nome vuoto e l'idea che l'accompagna è un prodotto spurio di fantasia, di superstizione, di oppressione sociale, etc.».
Per il momento mi fermo qui: mi riprometto, in futuro, di ritornare sull'argomento "prove dell'esistenza di Dio".
Catechismo della Chiesa Cattolica, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1992, n. 31, https://www.vatican.va/archive/catechism_it/p1s1c1_it.htm.
GILSON É., La filosofia nel medioevo. Dalle origini patristiche alla fine del XIV secolo, BUR, Milano 2016 (traduzione dell’opera del 1952), pp. 279-281 e 285.
GONZÁLEZ A. L., Filosofia di Dio, Edusc, Roma 2015 (ristampa della I edizione del 1988), pp. 53-84.
MATEO-SECO L. F., MASPERO G., Il mistero di Dio Uno e Trino. Manuale di Teologia Trinitaria, Edusc, Roma 2014, pp. 178-179 e per la citazione di FABRO C. pp. 179-180 nota 8.
MONDIN B., Storia della Filosofia Medievale, Pontificia Università Urbaniana, Roma 1991, pp. 285-287.
VANNI ROVIGHI S., Storia della filosofia medievale. Dalla patristica al secolo XIV (a cura di ROSSI P. B.), Vita e Pensiero, Milano 2006, pp. 46-48.
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