Gemma #83: sul dilemma di Giobbe


"Perchè non sono ricambiato in amore? Perchè non posso avere un figlio? Perchè quella bambina è morta di tumore e quell'uomo è rimasto vedovo così giovane? Avevo chiesto tante volte a Dio che non permettesse ciò. Ma così non è stato, quindi Dio non esiste". Chi non ha mai fatto riflessioni simili alzi la mano: vorrei conoscere questo "miracolo vivente", forse è più difficile credere alla sua esistenza che a quella di un "cerchio quadrato"! 
Perchè questi pensieri sono antichi come il mondo, umanissimi e molto ben comprensibili, specie dinanzi a eventi tragici. Emblematico Giobbe: «Dalla città si alza il gemito dei moribondi e l'anima dei feriti grida aiuto, ma Dio non bada a queste suppliche», anzi «della sciagura degli innocenti egli ride» (Gb 24,12 e 9,23; cfr. 9,17-18). E se il salmista invita il Signore a "svegliarsi" in senso metaforico (cfr. Sal 44,24; 35,23nel vangelo di oggi i discepoli alla deriva sul lago in tempesta lo scuotono letteralmente dal sonno: «Maestro, non t'importa che siamo perduti?» (Mc 4,38). 
Sentimenti di questo genere non destano stupore (anzi, dovrebbe stupire la loro assenza dinanzi allo strazio del dolore): problematico è, invece, trarne affrettate conclusioni sulla realtà. Conclusioni che, se analizzate lucidamente, appaiono semplicemente irrazionali. Il rischio è prendere esattamente "al contrario" il "problema dei problemi", cioè la questione dell'esistenza di Dio. E' qualcosa di simile a ribaltare un sillogismo e pretendere che funzioni. Prendiamone uno a caso: "gli italiani sono europei (premessa maggiore); i piemontesi sono italiani (premessa minore); dunque i piemontesi sono europei (conclusione)". Ora "rivoltiamolo": "i piemontesi sono europei (premessa maggiore); i piemontesi sono italiani (premessa minore); dunque gli italiani sono europei (conclusione)". Fila?
Fuor di metafora: "il problema dei problemi" - questione di vita o di morte per ogni uomo, lo voglia o no - è scoprire se Dio esiste. Meglio: se un Dio c'entra qualcosa con la propria vita oppure no. Il punto è: può esistere un "Dio a intermittenza" a seconda di come va la mia vita? Posso dedurre la non esistenza di Dio da eventi contingenti del mio vissuto o da vicende tragiche della storia (anzitutto quelle dovute a cause naturali, come un terremoto, ma anche quelle derivanti dall'uomo)? Sembrerebbero domande retoriche, ma prendiamo, ad esempio, Primo Levi: «Oggi io penso che, se non altro per il fatto che un Auschwitz è esistito, nessuno dovrebbe ai nostri giorni parlare di Provvidenza».
E' in fondo proprio di ciascuno l'intimo strazio di Giobbe (non a caso de Lamartine definì quest'opera “il primo e l’ultimo vagito dell’anima”): è l'enorme, acuto dilemma attorno al mistero della vita (vi avevo fatto un accenno qui). Al riconoscimento in punta di piedi della sproporzione tra se stessi e il Mistero fa da contraltare il suo rigetto... ma, appunto, un rigetto quanto "razionale"? Assenza di Dio e suo silenzio/sua libertà/suo rispetto della libertà altrui non sono ipso facto la stessa cosa! 
Scrive Karol Wojtyla: «La storia della salvezza è anche la storia dell’incessante giudizio dell’uomo su Dio. Non semplicemente degli interrogativi, dei dubbi, ma di un vero e proprio giudizio. In parte, il veterotestamentario Libro di Giobbe è il paradigma di questo giudizio». Gli fa eco Joseph Ratzinger: «La risposta di Dio a Giobbe non serve a spiegare, bensì soltanto a correggere la nostra illusione di poter giudicare tutto e di poter sentenziare su tutto, e a ricordarci i nostri limiti». E senza poter in questa sede spingersi oltre nel tema si può però aggiungere, sempre con il papa tedesco che volle recarsi ad Auschwitz: «La risposta data a Giobbe è soltanto un inizio, un'anticipazione di quella risposta che Dio dà impegnando il proprio Figlio nella croce e nella risurrezione. […] La risposta è un con-patire: non un puro sentimento, ma una realtà. La compassione di Dio si fa concreta nella carne. Essa significa flagellazione, incoronazione di spine, crocifissione, sepolcro. Egli è entrato nella nostra sofferenza. […] Il Crocifisso non ha tolto dal mondo la sofferenza, ma con la sua croce ha trasformato gli uomini, ha rivolto il loro cuore ai fratelli e alle sorelle che soffrono, e così ha rinvigorito e purificato gli uni e gli altri» (per approfondire rinvio alle brevi, densissime righe de Il Dio di Gesù Cristo: link in bibliografia).
In conclusione una canzone (testo e musica di Delino Marçal, voce di Denise Franco) e una proposta (mutuata da Jean Guitton): «Se si lascia a tutta prima nel dubbio l'esistenza di Dio e si prende la questione dall'altro capo, se cioè si parte dal dato di Gesù; se non si cerca di negare in partenza questo dato col postulato che Dio non esiste; se si ammette la convergenza delle diverse linee dell'esperienza in favore del fatto di Gesù; allora ci si può ragionevolmente domandare come, fuori di una provvidenza amica dell'uomo, si potrebbe spiegare l'inserzione di questo improbabile nel contesto della storia» (per approfondire rimando qui e qui).


Post scriptum: dal momento che ho abbondantemente sforato le righe previste (invoco a mia discolpa la complessità del tema) aggiungo che alla luce di quanto sopra si può forse meglio comprendere ciò che scrive Nembrini nel suo commento al Miguel Mañara di Milosz: «Il problema della vita – spero si capisca che non sto dicendo un'eresia... – non è Dio; è la realtà. È vivere la vita, è affrontare la realtà di tutti i giorni, è amare e studiare e soffrire e lavorare, è rispondere alla sfida di Pavese». Parole che fanno eco a queste - celeberrime e già spesso citate nell'anno dedicato alla speranza - di Péguy: «È la fede che è facile ed è non credere che sarebbe impossibile. È la carità che è facile ed è non amare che sarebbe impossibile. Ma è sperare che è difficile. E quel che è facile ed è la tendenza è disperare ed è la grande tentazione». 

Fonti:
LEVI P., Se questo è un uomo, San Paolo, edizione speciale per “Famiglia Cristiana” n. 15 del 9 aprile 1997 (traduzione dell’opera del 1947), p. 186.
MESSORI V., Ipotesi su Gesù, SEI, Torino 1976, pp. 294-297.
MILOSZ O. V., Miguel Ma
ñara (commentato da NEMBRINI F.), Centocanti, Bergamo 2014 (traduzione dell'opera del 1912), p. 25.
PÉGUY C., Il portico del Mistero della seconda virtù, in ID., Lui è qui (pagine scelte a cura di RONDONI D., CRESCINI F.), Rizzoli, Milano 1997 (traduzione di opere scritte tra il 1901 e il 1914), p. 289.
RATZINGER J. (BENEDETTO XVI), Discorso del Santo Padre. Visita al campo di Auschwitz, Auschwitz-Birkenau, 28 maggio 2006, https://www.vatican.va/content/benedict-xvi/it/speeches/2006/may/documents/hf_ben-xvi_spe_20060528_auschwitz-birkenau.html.
ID., Il Dio di Gesù Cristo, Queriniana, Brescia 2012 (traduzione dell’opera del 1976 e 2005), pp. 55-56 (le pp. 50-59 contengono La questione di Giobbe e sono disponibili qui: https://cooperatores-veritatis.org/2016/08/21/il-dio-di-gesu-cristo-la-questione-di-giobbe).
ID., Introduzione al cristianesimo, Queriniana, Brescia 2005 (traduzione dell’opera del 1968, 2000 e 2005), p. 21.
RAVASI G., Giobbe, in ROSSANO P., RAVASI G., GIRLANDA A. (a cura di), Nuovo Dizionario di Teologia biblica, San Paolo, Cinisello Balsamo 1988, pp. 635.
WOJTYLA K. (GIOVANNI PAOLO II), Varcare la soglia della speranza (con MESSORI V.), Mondadori, Milano 1994, p. 67.

Immagine:
Albrecht Dürer, Altare Jabach, 1503-1504, Francoforte sul Meno, Städelsches Kunstinstitut und Städtische Galerie Städel (Giobbe e la moglie) e Colonia, Wallraf-Richartz Museum (Pifferaio e suonatore di tamburo).