Gemma #68: la profezia messianica di Gen 3,15


«Budda, Confucio, Lao-Tse, Maometto, tutti gli iniziatori di religioni» - scrive Messori - «sono storicamente degli isolati. Appaiono cioè senza che la tradizione religiosa precedente li annunci. Gesù è invece il punto centrale di uno slancio di attesa». Si tratta delle profezie messianiche dell'Antico Testamento: ne sono state contate circa 300, molte volte peccando di eccessive preoccupazioni apologetiche, ma talora è difficile non stupirsi confrontando Antico e Nuovo Testamento (l'esempio più celebre è Is 52,13-53,12 in rapporto alla Passione). Secondo Pascal «le profezie avverate sono per se stesse un miracolo permanente», «prove solide e palpabili» della verità del cristianesimo. Eugenio Zolli, rabbino capo della comunità di Roma divenuto cattolico nel 1945, scriveva: «Tutto l'Antico Testamento mi parve un divino telegramma cifrato inviato agli uomini. Incomprensibile per chi volesse leggerlo senza il cifrario. Ora, il cifrario è Cristo, alla cui luce prende significato quel brivido messianico che pervade tutti i libri dell'Antico Patto».
Nell'odierna liturgia dell'Immacolata concezione di Maria la Chiesa pone in relazione tra loro Gen 3,9-15.20 (testo dell'Antico Testamento databile al post-esilio cioè attorno al VI-V secolo a. C.) e Lc 1,26-38 (testo del Nuovo Testamento - è l'episodio dell'annunciazione - databile al I secolo d. C., come scrivevo qui).
Il punto centrale è Gen 3,15 ove leggiamo alcune parole (di non facile traduzione/interpretazione) rivolte da Dio al serpente: «Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno». La tradizione della Chiesa fin dal II secolo ha qui visto il "protovangelo" cioè la prima (non per antichità ma per collocazione nella Bibbia) profezia messianica dell'Antico Testamento, una prefigurazione di Maria e Gesù vincitori del male. Oggi gli esegeti tendono a respingere questa interpretazione in quanto non fondata sul testo ebraico (dove "questa/essa" rimanda alla stirpe di Eva) ma sulle traduzioni greche e latine, ove si trovano al posto di "questa", rispettivamente, i pronomi "autòs" = "egli" (quindi Gesù) e "ipsa" = "ella" (quindi Eva e/o, appunto, Maria). 
Tralasciando il fatto che la traduzione greca dal senso apertamente messianico (resa possibile da una particolarità della lingua ebraica, la confusione tra i pronomi personali di terza persona singolare maschile "hu'" e femminile "hi'") precede anch'essa la venuta di Cristo (la Settanta è infatti databile al III-II secolo a. C.) bisogna rilevare che pure nel testo originale si può cogliere una profezia messianica. Scrivono i teologi Fernando Ocáriz, Lucas Mateo-Seco e José Antonio Riestra: «Anche se l'interpretazione del testo si limitasse al suo significato letterale diretto – dicesse, cioè, che sarà la discendenza di Eva [cioè il genere umano] a sconfiggere il maligno –, ci troveremmo non solo di fronte a una promessa generica di Redenzione, ma anche a un annuncio e a una promessa di Cristo. Infatti, se la Redenzione sarà realizzata dall'uomo (discendenza della donna), e solo Dio può redimere l'uomo, risulta che la vittoria sul potere del maligno dovrà essere realizzata da Dio e dall'uomo. Alla luce del Nuovo Testamento è chiaro che questo si compie in Cristo Gesù». Grazie al sì di Maria, «Vergine benedetta, che 'l pianto d'Eva in allegrezza torni» (Petrarca).

Fonti:
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