Gemma #67: la scandalosa pretesa di Gesù (seconda parte)


Proseguiamo da ieri
La paradossale e scandalosa pretesa di Gesù e del cristianesimo trova fondamento nella sua asserita origine divina: non potrebbe essere altrimenti. Infatti credendo che Dio si è incarnato in Cristo (si tratta appunto di un fatto storico, cui la ragione può prestar fede oppure no, come scrivevo qui) ne consegue direttamente il valore assoluto e universale del cristianesimo. Nel Nuovo Testamento ci sono varie testimonianze di questa convinzione. Basti quella di Pietro davanti al sinedrio: «In nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati» (At 4,12; cfr. Gv 1,181 Cor 8,5-6; 1 Tm 2,4-6; Ap 22,12-13).
Ora, questa pretesa di assolutezza non sottrae la rivelazione divina alle leggi della relatività umana (linguaggio e gesti determinati, esperienze particolari, elementi caduchi). Sempre nel Nuovo Testamento si coglie come le diverse culture incontrate dal cristianesimo (emblematico il caso dell'apostolo dei pagani, l'ex fariseo Paolo: cfr. 1 Cor 9,19-23At 17,16-33; 18,4) lungi dall'impedire hanno favorito la comprensione dell’evento di Cristo, mettendone in luce la portata universale. Come scrivono i teologi Bruno Maggioni ed Ezio Prato, entrando in contatto «col vangelo qualsiasi cultura diventa nuova. Il vangelo accoglie rinnovando, mai lasciando le cose come prima. Risponde alle domande dell’uomo, a qualsiasi cultura appartenga, ma risponde allargandole, a volte persino capovolgendole». 
Leggiamo nella Lettera a Diogneto (metà del II secolo): «I cristiani né per regione, né per voce, né per costumi sono da distinguere dagli altri uomini. Infatti, non abitano città proprie, né usano un gergo che si differenzia, né conducono un genere di vita speciale. […] Vivendo in città greche e barbare, come a ciascuno è capitato, e adeguandosi ai costumi del luogo nel vestito, nel cibo e nel resto, testimoniano un metodo di vita sociale mirabile e indubbiamente paradossale. Vivono nella loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutto come cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri. Ogni patria straniera è patria loro, e ogni patria è straniera. Si sposano come tutti e generano figli, ma non gettano i neonati. Mettono in comune la mensa, ma non il letto. Sono nella carne, ma non vivono secondo la carne. Dimorano nella terra, ma hanno la loro cittadinanza nel cielo».
Quanto detto fin qui conduce a un'ultima sottolineatura: l'atteggiamento verso chi non crede e verso le altre religioni non può essere né quello (fondamentalista) di chi, dimenticando che siamo tutti "sulla stessa barca", si ritiene "padrone” della verità e si pone con violenza verso gli altri (e purtroppo la storia ha conosciuto anche la violenza in nome della fede cristiana) né quello (relativista) di chi, mal comprendendo il "dialogo", di fatto rinuncia alla comune ricerca della verità (sostenere che tutte le religioni sono vere equivale a ritenerle tutte false). 
In conclusione ascoltiamo ancora Maggioni e Prato: «È dall’incontro con la novità e la bellezza del Dio cristiano che nasce la missione. Perché dunque annunciare “lo spettacolo della croce”? Le ragioni sono […] tutte dentro lo spettacolo stesso, uno spettacolo che è insieme bellezza, verità e amore: tre cose che non stanno ferme. Quando l’uomo si imbatte in una cosa bella, la racconta. Quando si imbatte in una cosa vera, la ridice. Chi comprende che lo spettacolo del Crocifisso è come una folgore che ha illuminato il cammino del mondo e di ogni uomo, lo annuncia, non può farne a meno. […] La forza missionaria nasce dall’aver capito che non è la stessa cosa conoscere Cristo e non conoscerlo».

Fonti:
Catechismo della Chiesa Cattolica, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1992, nn. 769-770, https://www.vatican.va/archive/catechism_it/p123a9p1_it.htm.
CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Dominus Iesus, 6 agosto 2000, https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_20000806_dominus-iesus_it.html.
GIUSSANI L., All’origine della pretesa cristiana, Rizzoli, Milano 2001, p. 31.
LESSING G. E., Sulla prova dello spirito e della forza, in ID., Opere filosofiche (a cura di GHIA G.), UTET, Torino 2006 (traduzione dell’opera del 1777), pp. 541-547.
Lettera a Diogneto, 5.
MAGGIONI B., PRATO E., Il Dio capovolto. La novità cristiana: percorso di teologia fondamentale, Cittadella, Assisi 2015 (III edizione, I edizione 2014), pp. 195-233.
RATZINGER J. (BENEDETTO XVI), Incontro con i rappresentanti della scienza. Discorso del Santo Padre. Fede, ragione e università. Ricordi e riflessioni, Aula Magna dell'Università di Regensburg, 12 settembre 2006, https://www.vatican.va/content/benedict-xvi/it/speeches/2006/september/documents/hf_ben-xvi_spe_20060912_university-regensburg.html.
ID., Introduzione al cristianesimo, Queriniana, Brescia 2005 (traduzione dell’opera del 1968, 2000 e 2005), p. 48.
REALE G., ANTISERI D., Il pensiero occidentale dalle origini ad oggi. 2, La Scuola, Brescia 2007 (XXIV edizione; I edizione del 1983), p. 627.
TANZELLA-NITTI G., La Rivelazione e la sua credibilità. Percorso di Teologia fondamentale, Edusc, Roma 2016, pp. 217-219, 230-232 e 505-512.

Immagine: 
Gian Lorenzo Bernini, Salvator mundi (particolare), 1679, Roma, Basilica di San Sebastiano fuori le mura. Si tratta dell'ultima scultura dello straordinario artista napoletano, realizzata - ispirandosi al volto della Sindone - all'età di 80 anni poco prima di morire, a lungo dimenticata in un convento e riscoperta nel 2001 dallo storico dell'arte Francesco Petrucci.