Gemma #66: la scandalosa pretesa di Gesù (prima parte)


Questo breve approfondimento è dedicato alla pretesa di Gesù, fatta propria dalla Chiesa, di essere la rivelazione definitiva di Dio, vera per tutti e per sempre (cfr. Gv 10,22-33; 14,6). 
Si legge al n. 15 della Dominus Iesus (dichiarazione particolarmente importante pubblicata nel 2000 dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, quando a guidarla c'era il cardinale Ratzinger e papa era Giovanni Paolo II): «si può e si deve dire che Gesù Cristo ha un significato e un valore per il genere umano e la sua storia, singolare e unico, a lui solo proprio, esclusivo, universale, assoluto. Gesù è, infatti, il Verbo di Dio fatto uomo per la salvezza di tutti» (cfr. Dei Verbum, n. 4; Gaudium et spes, n. 45).
È evidente che questa pretesa di assolutezza rappresenta una grande sfida – se non un vero e proprio scandalo – per l’uomo contemporaneo: guidato da una tale convinzione come non ritenere il cristianesimo imbevuto di intolleranza e fanatismo? Come accettare tale pretesa in rapporto alla relatività e al divenire di ogni cosa umana? Come non accorgersi che questa posizione appare pure in contrasto con l’affermazione – anch’essa propria del credo cattolico – circa il carattere storico ed escatologico, e dunque passeggero e imperfetto, della Chiesa stessa (cfr. Catechismo, nn. 769-770)?
Gotthold Ephraim Lessing nell’opera Sulla prova dello spirito e della forza aveva posto al cristianesimo questa critica: a suo giudizio «casuali verità storiche [cioè verità puramente storiografiche] non possono mai essere la prova di necessarie verità razionali». Non è possibile derivare verità e concetti universali come l'esistenza della Trinità da fatti contingenti come l’esistenza o la risurrezione di Cristo (fondati o infondati che siano, qui non è questo il punto). Il cosiddetto “problema di Lessing” (che emerge già nei vangeli in quel mormorio dei giudei di cui parla Gv 6,42: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo”?»), ripreso poi da alcune correnti di pensiero esistenzialiste e storiciste, interesserà particolarmente Kierkegaard, che lo sintetizzerà così: «Non si può fondare una salvezza eterna su di un fatto storico».
Don Giussani ha lucidamente espresso i termini della questione dell'assolutezza del cristianesimo: «se c’è un delitto che una religione può compiere è quello di dire “io sono la religione, l’unica strada”. È esattamente ciò che pretende il cristianesimo. […] non è ingiusto sentirsi ripugnare di fronte a tale affermazione: ingiusto rimarrebbe non domandarsi il perché di tale affermazione, il motivo di questa grande pretesa».
Proseguiamo il discorso domani.

Fonti (v. seconda parte).

Immagine:
Anna Rosina de Gasc, Ritratto di Gotthold Ephraim Lessing, 1767-1768 circa, Halberstadt, Gleimhaus.