Sei stato il papa della mia giovinezza, quello che alla GMG di Madrid del 2011 ci commuoveva con la sua tenerezza di nonno affettuoso, e sei stato e sarai ancora per tutta la mia vita - senza dubbio - uno tra i maestri di teologia più preziosi nel cammino: tra le tue pagine si trovano profonda e sofferta riflessione, chiarezza, coraggio, luce, verità.
In poche righe voglio ricordarti così: instancabile cercatore e servitore della verità. Riconosciuta e incontrata nella fede in Gesù Cristo, della quale hai lungamente sostenuto e argomentato la ragionevolezza, come anche emerge dal testamento spirituale. Parla chiaro il Tuo motto episcopale: "collaboratori della verità" (cfr. 1 Gv 3,8). Come hai scritto nella bellissima autobiografia, «dal momento che nel mondo di oggi l'argomento "verità" è quasi scomparso, perché appare troppo grande per l'uomo, e tuttavia tutto crolla, se non c'è la verità, questo motto episcopale mi è sembrato il più in linea con il nostro tempo».
Quanto mi ricordi altri grandi Tuoi (e miei) maestri: da John Henry Newman (sulla cui tomba si legge: «ex umbris et imaginibus in veritatem») a Blaise Pascal (del quale la sorella scrisse che «sempre e in tutto, la verità è stato l’unico obiettivo della sua mente, giacché nulla al di fuori della conoscenza della verità ha saputo e potuto soddisfarlo»), da Agostino (il cui programma di ricerca era tanto preciso quanto inesauribile, come riconobbe al termine della vita: «Deum et
animam scire cupio. Nihil plus? Nihil omnino», cioè «Desidero conoscere Dio e
l'uomo. Nient'altro? Nient'altro») a Socrate (cercatore e martire della verità ante litteram).
Su questo tema non posso non citare una tra le Tue pagine che più amo (il lettore giunto fin qui certo mi perdonerà, tanto più che le righe previste le ho già sforate):
«La domanda sulla morte non è che la forma più radicale dell'interrogativo circa il modo di vivere. Essa significa chiedersi da dove l'uomo viene, e dove va. È la domanda circa l'origine e il destino. […] la domanda “si perde” quando si dispera che sia possibile una risposta. […] Noi sembriamo sazi, se non stufi dell'autentica filosofia con la sua ultima incertezza. Vogliamo conoscenza, “gnosi”, cioè un sapere esatto e che si può documentare – non “filosofia”. La filosofia è sotto molti aspetti stanca di sé. Anch'essa vuole in fondo divenire come le altre discipline accademiche e collocarsi su di un piano di parità. Vuole diventare altrettanto “esatta”. Ma essa poi guadagna l'esattezza proprio a prezzo della sua grandezza, perché così essa non può più porre i suoi peculiari interrogativi. Anch'essa non tratta più della totalità, bensì soltanto di “particolari”. Ma non è lecito all'uomo cominciare a tacere su ciò di cui non possiamo parlare: allora passiamo sotto silenzio quanto è specifico del nostro essere. Dove l'esattezza viene esaltata come fosse valore così assoluto, che non si possa più porre domanda alcuna oltre il piano della “conoscenza esatta”, della “gnosi” – l'uomo perde se stesso, perché viene derubato delle domande che più gli appartengono. […] non il domandare […] è d'ostacolo, bensì quell'atteggiamento di chiusura che non vuol più domandare e considera la verità come qualcosa d'irraggiungibile o che non è degno di aspirazione».
Qualche riga prima rispondi, in tema, a un'obiezione tanto ricorrente quanto legittima:
«le risposte cristiane sono propriamente tali da sbarrare la via al pensiero? Le risposte alle domande ultime non sono per loro natura sempre aperte al non detto e anche all’Indicibile? Non potrebbe essere che solo tali risposte conferiscano propriamente alle relative domande la loro autentica profondità e drammaticità? Non potrebbe essere che esse radicalizzino tanto il pensare quanto il domandare e li mettano in movimento, piuttosto che impietrirli? Jaspers […] ha affermato una volta che un pensare che si distacca dalla grande tradizione si riduce ad essere un impegno che via via diviene sempre più vuoto di contenuti. Non ci richiama forse ciò al fatto che l’imbattersi in una grande risposta – come quella che la fede ci comunica – è stimolo piuttosto che ostacolo al vero domandare?».
Grazie, infinitamente grazie Benedetto XVI.
Fonti:
AGOSTINO, Soliloqui, I, 2, 7.PÉRIER G, Vita di Pascal, in PASCAL B., Pensieri e altri scritti (a cura di AULETTA G.), Mondadori, Milano 2018 (traduzione dell'opera del 1670), p. 29.
RATZINGER J. (BENEDETTO XVI), Elogio della coscienza, in “Il Sabato”, 16 marzo 1991, pp. 8-9, http://www.veritatemincaritate.com/wp/wp-content/uploads/2015/10/Ratzinger-ElogiodellaCoscienza.pdf.
ID., La mia vita. Autobiografia, San Paolo, Cinisello Balsamo 2013 (nuova edizione ampliata dell’opera del 1997), pp. 154-155.
ID., La mia vita. Autobiografia, San Paolo, Cinisello Balsamo 2013 (nuova edizione ampliata dell’opera del 1997), pp. 154-155.
ID., Natura e compito della teologia. Il teologo nella disputa contemporanea. Storia e dogma, Jaca Book, Milano 2005 (traduzione dell’opera del 1969), pp. 21, 25 e 30-31.
ID., Testamento spirituale, 29 agosto 2006, https://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2022/12/31/0966/02044.html.