Nell'Antico Testamento c'è un passo che descrive la sorte dell'uomo "giusto": come per altri brani (cfr. su tutti i "canti del Servo di Jahvè": Is 42,1-7; 49,1-9a;
50,4-9a; 52,13-53,12) vi si può cogliere una prefigurazione della Passione di Cristo.
Il testo si trova nel più recente libro dell'Antico Testamento, quello della Sapienza, scritto in greco ad Alessandria d'Egitto verso la fine del I secolo a. C.
Leggiamolo integralmente (Sap 2,12-20):
«Tendiamo insidie al giusto, che per noi è d'incomodo e si oppone alle nostre azioni; ci rimprovera le colpe contro la legge e ci rinfaccia le trasgressioni contro l'educazione ricevuta. Proclama di possedere la conoscenza di Dio e chiama se stesso figlio del Signore. È diventato per noi una condanna dei nostri pensieri; ci è insopportabile solo al vederlo, perché la sua vita non è come quella degli altri, e del tutto diverse sono le sue strade. Siamo stati considerati da lui moneta falsa, e si tiene lontano dalle nostre vie come da cose impure. Proclama beata la sorte finale dei giusti e si vanta di avere Dio per padre. Vediamo se le sue parole sono vere, consideriamo ciò che gli accadrà alla fine. Se infatti il giusto è figlio di Dio, egli verrà in suo aiuto e lo libererà dalle mani dei suoi avversari. Mettiamolo alla prova con violenze e tormenti, per conoscere la sua mitezza e saggiare il suo spirito di sopportazione. Condanniamolo a una morte infamante, perché, secondo le sue parole, il soccorso gli verrà».
Ora, l'autore ha evidentemente dinanzi agli occhi gli ebrei fedeli di Alessandria, perseguitati dai giudei rinnegati e dai pagani, ma - rilevano i commentatori de La Bibbia di Gerusalemme - le «corrispondenze con la passione del Cristo, condannato a una "morte vergognosa" perché si dichiarava "figlio di Dio" [cfr. Lc 22,70], hanno colpito le prime generazioni cristiane (cf. Mt 27,43) e numerosi padri hanno considerato profetico questo passo».
La discussione circa l'effettivo carattere profetico del testo appare fondamentalmente senza soluzione: non è da escludere, anzi è probabile, che gli evangelisti si siano ispirati anche a questo passo nella forma data ai racconti della Passione (specialmente Mt opera così, talvolta con evidenti "forzature esegetiche" circa il compimento di profezie).
Qui interessa qualcos'altro: la constatazione che l'autore di Sap 2,12-20 forse conoscesse - nota Joseph Ratzinger - «l’esperimento mentale di Platone, che nella sua opera sullo Stato prova ad immaginare quale destino sarebbe riservato in questo mondo al giusto perfetto».
Scrive infatti il filosofo ateniese ne La Repubblica, II, 361 e - 362 a: «il giusto, proprio per i suoi atteggiamenti, sarà flagellato, torturato, gettato in catene, gli saranno bruciati gli occhi e da ultimo, dopo aver patito tutti questi mali, verrà affisso al palo».
Prosegue Benedetto XVI: «Questo brano, scritto ben 400 anni avanti Cristo, continuerà a commuovere un cristiano». E lo farà perché, anche se Platone non si riferisce a Gesù, la descrizione della sorte del giusto appare una perfetta sintesi della Passione di Cristo, salvo che per la tortura dell'accecamento.
Fonti:
La Bibbia di Gerusalemme, EDB, Bologna 1985, pp. 1382 e 1386.
OSSANDÓN WIDOW J. C., Introduzione generale alla Sacra Scrittura, Edusc, Roma 2018, pp. 92-93.La Bibbia di Gerusalemme, EDB, Bologna 1985, pp. 1382 e 1386.
PLATONE, La Repubblica, II, 361 e - 362 a, in ID., Tutti gli scritti (a cura di REALE G.), Bompiani, Milano 2000, p. 1112.
RATZINGER J. (BENEDETTO XVI), Gesù di Nazaret. Dal Battesimo alla Trasfigurazione, Libreria Editrice Vaticana/Rizzoli, Città del Vaticano/Milano 2011 (VI edizione; I edizione del 2007), pp. 114 e 382.
ID., Gesù di Nazaret. Dall’ingresso in Gerusalemme fino alla
risurrezione, Libreria Editrice
Vaticana/Rizzoli, Città del Vaticano/Milano 2011, pp. 234-235.
ID., Introduzione
al cristianesimo, Queriniana, Brescia 2005 (traduzione dell’opera del 1968,
2000 e 2005), p. 282.
Raffaello Sanzio, Scuola di Atene (particolare), 1509-1511 circa, Roma, Musei Vaticani.